Review: Grande meraviglia

Grande meraviglia Grande meraviglia by Viola Ardone
My rating: 1 of 5 stars

Grande delusione

hermio

Boh. Sono rimasta spiazzata da questo libro e questo è bene, ma forse un po' troppo. È originale questa presa di posizione rispetto a una storia ambientata in manicomio, ma dopo le prime pagine stanca. Parla una paziente, in prima persona, e come modo di narrare mi risulta troppo artefatto e per niente spontaneo. Era meglio scritto in terza persona in modo normale perché, anche se è ben costruita e abbastanza credibile, diventa ben presto pesante perché è troppo diversa da una narrazione fluida e risulta anche noiosa.

La seconda parte è peggio della prima. A prendere la parola è il dottore, molti anni dopo, quando è invecchiato. Questo modo di parlare confusionario, da flusso di coscienza stentato, è alienante, ma soprattutto soporifero e pieno di frasi senza senso di cui non abbiamo bisogno e che soprattutto non risultano interessanti. La personalità del vecchio è poco scolpita dalle parole, non c'è un vero e proprio stile e sembra di nuovo una forzatura, anche peggio della prima. Non sembra neanche un uomo, ha la stessa cadenza della prima persona della paziente giovane, che forse va bene per un manicomio ma scritto così rovina la storia.

Il problema è proprio questo: che la storia era molto interessante ma è stata narrata in un modo che non riesce a ben raccontare la storia per quella che era. Tutte queste divagazioni mentali, a lungo andare non si sopportano più. Arrivata a metà libro sono esausta e non ne posso più. Se all'inizio mi sembrava una buona idea, anche se ostica nella lettura, a metà la trovo detestabile tanto che ha rovinato una buona idea.

La terza parte è di nuovo diversa, non c'è più lo stesso modo di parlare perché, secondo l'autrice, la protagonista femminile cambiando e crescendo cambia modo di parlare. Qui c'è una descrizione un po' più accurata di quello che succede ed è più piacevole la lettura perché la trama è meglio narrata, anche se ci sono spesso delle divagazioni assurde, prolisse e, di nuovo, noiose. Però direi che qui va meglio, anche se continuo a credere che, non solo non mi piace l'alternanza della prima persona prima lei poi lui, lei e lui, ma non sopporto proprio come è stato impostato in modo così caotico. Tutto ciò mi dispiace perché invece la trama la trovo molto interessante.

Nella quarta e ultima parte prende di nuovo la parola il dottore, sempre anziano, e nonostante sia in continuità con la seconda parte, anche lui, proprio come era successo con la terza parte che era la seconda della ragazza, anche in questa seconda parte del dottore c'è un cambiamento totale quasi di stile, nonostante la seconda e la quarta partesiano ambientate nello stesso giorno. Dunque la quarta è migliore della seconda, ma le digressioni e i pensieri sono troppi e insopportabili. Tra tutta questa marea di parole inutili ci sono di tanto in tanto delle indicazioni che fanno andare avanti la trama. Per un momento ho temuto che non ci fosse neanche una conclusione, però per fortuna alla fine c'è, solo che l'ho trovata povera e deludente. La trama era stata costruita nel suo scheletro bene, mi piaceva quello che si voleva dire, come erano strutturati i vari tempi e la storia di base, ma raccontarla in questo modo l'ha rovinata tutta. E poi non c'è stata neanche la capacità di dare una conclusione più narrativa e meno moralista; ho trovato anche un debole tentativo di voler dire che va tutto bene e che basta crederci.

Nel complesso sono rimasta delusa da questo libro perché c'erano tutti i presupposti per un lavoro originale, anche se l'ambiente manicomio è trito e ritrito, ma si è cercato troppo ardentemente uno stile strano quando non c'era bisogno. Concludo con due citazioni che ho trovato interessanti, la prima è di lei, nella prima parte, e la seconda è di lui nella seconda parte:

"Noi matte siamo piante con le radici in vista," le dico, "tutto quello che è sotto si vede da fuori: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo più, se siamo contente cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morte da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura, la paura è una porta spalancata sul vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume, come me in questo momento. E se non ne abbiamo più voglia, allora punto e basta."
Pagina 51

"Ma i posti con le sbarre si somigliano tutti: nessuno è del tutto colpevole e nessuno è del tutto innocente."
Pagina 119

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